Opzione cinese Quale futuro per il capitalismo Se la filosofia imprenditoriale di Tronchetti Provera si ispira alla massima da lui stesso lanciata ai tempi della presidenza Telecom, “aziende forti, non poteri forti”, l’accordo con Chem China su Pirelli si è compiuto felicemente in questa prospettiva. I cinesi sono partner formidabili, basta sfogliare l’ultimo rapporto mondiale sui brand delle loro banche, pubblicato da «The Banker». Tra i primi dieci istituti internazionali accreditati dei marchi di maggior valore, quattro sono made in China. Industrial and Commercial Bank (Icbc) è seconda, preceduta dall’americana Wells Fargo, con un valore di 27,4 miliardi di dollari e una crescita nel 2014 del 20%. Al quarto posto vi è China Construction Bank (più 39% lo scorso anno), in ottava posizione Agricoltural Bank of China (+28%) al nono Bank of China, che precede la spagnola Santander. Il suo rafforzamento annuo è stato del 22%. Il valore dei quattro giganti cinesi del credito non conosce battute d’arresto. Tanto che l’amministratore delegato di JP Morgan, Jamie Dimon, ha dovuto ammettere che le banche occidentali potrebbero presto essere superate dai marchi cinesi. Il timore che segue inevitabilmente questo processo è che i soldi dei risparmiatori occidentali finiscano per finanziare proprio le aziende di quel paese, contribuendo in questo modo ad aggravare la crisi del nostro stesso sistema produttivo, arricchendo banche e industrie cinesi. L’autoritarismo politico di Pechino si rafforzerebbe e questo a danno esclusivo delle democrazie occidentali. La Cina riesporta i capitali acquisiti da Usa, Europa e Giappone per acquistare nuove posizioni proprio in questi mercati finanziari, le loro valute e ciò che resta dei loro sistemi industriali, in modo da crescere ulteriormente. Gli ottimisti, non si preoccupano. Sono convinti che l’occidentalizzazione della Cina, obbligherà ad un dato momento Pechino a rinunciare al comunismo come formula politica e vestige del potere. I pessimisti sono invece disperati. Ritengono che l’irruzione delle banche cinesi in Occidente distruggerà non solo il nostro credito, ma finirà con l’aggredire il cuore del capitalismo. L’incubo è che capitalismo e dittatura si sposino felicemente. A quel punto un potere forte si manifesterà attraverso un’azienda forte e della democrazia resterà semplicemente un pallido ricordo, mentre si realizza l’infelice promessa della globalizzazione. Roma, 23 marzo 2015 |